Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Si tratta di una ricorrenza che evidenzia come la violenza di genere, in particolare contro le donne, sia ancora profondamente radicata in molte culture. Una violenza che assume molte forme e che è veicolata anche attraverso contenuti di carattere discriminatorio e sessista in molti ambiti quotidiani, come per esempio la pubblicità.

Non è facile dare una definizione univoca di che cosa sia una pubblicità sessista, in quanto entrano in gioco fattori di valutazione come il sistema di valori personale e collettivo o le sensazioni soggettive[1], ma anche le specificità di ogni situazione. Tuttavia, la Commissione Svizzera per la Lealtà, che si occupa di promuovere l’autoregolazione nel settore della comunicazione commerciale, fornisce una definizione sufficientemente chiara[2]

2La comunicazione commerciale sessualmente discriminatoria (i.e. sessista) include:

  1. l’attribuzione di caratteristiche stereotipate a un sesso particolare, minando così il principio di uguaglianza tra i sessi;
  2. quando vengono rappresentate visivamente relazioni di sottomissione o di sfruttamento, o quando la violenza o il comportamento dominante vengono suggeriti come tollerabili;
  3. quando le rappresentazioni visive delle persone interessate non rispettano l’età dei bambini o degli adolescenti;
  4. quando non esiste un legame naturale tra la persona che incarna il genere in questione e il prodotto pubblicizzato;
  5. quando la persona in questione è ritratta in una funzione puramente decorativa, al solo scopo di attirare l’occhio,
  6. quando c’è una rappresentazione inappropriata della sessualità.

Una lista di criteri che aiutano a riconoscere una pubblicità sessista è riportata anche in un documento stilato dalla già responsabile dell’Ufficio della legislazione, delle pari opportunità e della trasparenza del Consiglio di Stato ticinese Marilena Fontaine[3]:

  1. Le immagini e i testi rappresentato donne o uomini in maniera offensiva e degradante. Con questo si intendono anche i doppi sensi e i fotomontaggi.
  2. Donne o uomini sono paragonati o equiparati a merce. Le immagini o i testi danno l’impressione che le donne o gli uomini siano – come il prodotto – in vendita.
  3. Le persone raffigurate nelle immagini oppure il modo in cui sono ritratte, non hanno alcuna relazione con il prodotto da pubblicizzare. Donne e uomini (o parti dei loro corpi) sono utilizzati come puro richiamo o a scopo decorativo.
  4. Nelle immagini o nei testi, donne e uomini sono ridotti a ricoprire determinati ruoli (p.es, seduttrice, creatura di lusso, mezzatacca) oppure particolari caratteristiche caratteriali (p.es. stupido, servitore, passivo).
  5. Le immagini o i testi relegano donne o uomini (o bambini) in ruoli di genere superati (p.es. medico o infermiera piuttosto che dottoressa e infermiere).
  6. Spesso la donna è messa in una relazione di dipendenza o di sottomissione nei confronti degli uomini (sia per quanto riguarda le immagini, sia i testi).
  7. A livello subliminale si trasmette l’idea che la donna sia proprietà di un uomo, quasi fosse la sua preda oppure determinate immagini evocano situazioni al limite della violenza (anche sessuale).
  8. La sessualità femminile è sfruttata a fini commerciali. Si lascia intendere una certa disponibilità sessuale da parte delle donne.
  9. Immagini o testi propagandano canoni di bellezza o di magrezza estremi.
  10. I testi sono scritti esclusivamente al maschile, nonostante le campagne pubblicitarie si rivolgano anche al pubblico femminile.

È chiaro che contenuti pubblicitari che veicolano rappresentazioni degradanti, svilenti o umilianti di qualsiasi categoria di persone, spesso donne, non possono più essere tollerati da una società che si dichiara impegnata nel contrastare la violenza in tutte le sue forme e in particolare quella di genere. I Cantoni Vaud[4], Basilea Città e Neuchâtel lo hanno capito[5], e, siccome non esiste una legislazione federale in merito, hanno deciso di adeguare le proprie disposizioni cantonali in materia di pubblicità per vietare contenuti promozionali sessisti sul suolo pubblico (proprio come avviene per le pubblicità che incentivano comportamenti dannosi per il singolo e la collettività, come per esempio il consumo di tabacco o di alcolici).

In Ticino, nonostante sia pendente sul tema una mozione del 2018[6],  la Legge sugli impianti pubblicitari è tuttora priva di un qualsiasi riferimento in materia di tutela contro le pubblicità a carattere sessista.

Secondo le facoltà conferiteci dall’art. 101 della Legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato (LGC), proponiamo dunque di modificare la Legge sugli impianti pubblicitari del 26 febbraio 2007 come segue:

 

Art. 4 (Criteri di autorizzazione):

1L’impianto pubblicitario, conformemente all’art. 1, non deve portare pregiudizio alla sicurezza del traffico motorizzato e pedonale e rispettare le bellezze naturali, i beni culturali e il paesaggio, l’ordine pubblico, la salute pubblica e la moralità.

2Sono vietati gli impianti pubblicitari percettibili dall’area pubblica che pubblicizzano il consumo di tabacco.

3Sono vietati gli impianti pubblicitari percettibili dall’area pubblica che presentano contenuti sessisti.

4 I divieti di cui ai capoversi 2 e 3 si estendono agli spazi interni degli edifici e luoghi pubblici che appartengono allo Stato, ai Comuni e agli enti o fondazioni di diritto pubblico. L’autorità competente può concedere in via eccezionale deroghe per la sponsorizzazione di manifestazioni temporanee, escluse quelle sportive e per minorenni.

5 Il Consiglio di Stato definisce quali sono i contenuti di tipo sessista di cui al capoverso 3 sulla base delle indicazioni della Commissione Svizzera per la Lealtà e consultando la Delegata delle Pari Opportunità.

6Le scritte pubblicitarie devono essere in lingua italiana. La traduzione in altre lingue è ammessa, purché non a caratteri superiori o più appariscenti.

7I Comuni mediante regolamenti speciali o norme di attuazione del Piano regolatore comunale possono definire limitazioni e restrizioni, criteri di sobrietà e di uniformità, se del caso distinti per zona.

 

Con stima,
per i Verdi del Ticino

Cristina Gardenghi, Claudia Crivelli Barella, Nicola Schoenenberger, Samantha Bourgoin, Marco Noi, Andrea Stephani

 

[1] https://www.stadt-zuerich.ch/prd/de/index/gleichstellung/themen/Rollenbilder/sexistische_werbung/definition.html

[2] Traduzione in italiano della regola n. B.8, “Règles relatives à la loyauté dans la communication commerciale“, maggio 2021 (https://faire-werbung.ch/wp-content/uploads/2021/09/SLK-Grundsaetze_FR-26.5.2021.pdf)

[3] https://m4.ti.ch/fileadmin/CAN/SGCDS/pari_opportunita/download/Pubblicita_sessista.pdf

[4] https://www.vd.ch/toutes-les-actualites/communiques-de-presse/detail/communique/le-conseil-detat-propose-dinterdire-les-publicites-a-caractere-sexiste-dans-lespace-public-153052/

[5] https://www.rts.ch/info/regions/neuchatel/12459011-interdiction-de-la-publicite-sexiste-sur-le-domaine-public-neuchatelois.html

[6] https://www4.ti.ch/poteri/gc/messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio/?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=99156&user_gcparlamento_pi8[ricerca]=pubblicit%C3%A0+sessista